La terza “pro-messa a terra” non poteva che riguardare i giovani: non è una questione solo di politiche giovanili o educative, ma concerne tutto lo spettro dell’azione amministrativa.

Se non vogliamo che i giovani siano una “specie da WWF”, ma siano il vero motore della contemporaneità, dobbiamo avere il coraggio di dare loro le chiavi del futuro della città. Potrebbero sbagliare, è vero. Potrebbero farsi del male, è vero. Potrebbero fare del male alla città, può darsi. Ma non di più, non di meno di come hanno fatto le generazioni passate. E’ un rischio che possiamo e dobbiamo correre. L’alternativa è bloccare la generatività (come sta succedendo oggi a guardare i dati demografici) e diventare un luogo per adulti e anziani.

Possiamo fare di meglio, ne sono convinto. Eccole:

1. I GIOVANI VANNO ACCOMPAGNATI ALLA GESTIONE DEI BENI COMUNI, che significa assegnare loro dei luoghi pubblici (al chiuso o all’aperto: spazi di urbanistica tattica, aree dei parchi, beni confiscati, spazi messi a disposizione dagli enti del terzo settore) perché se ne prendano cura e li facciano fruttare, accompagnandoli all’animazione sociale o addirittura all’imprenditoria sociale (in connessione con le scuole e con i centri educativi)

2. Favorire tutti i momenti e le opportunità possibili di PARTECIPAZIONE DEI GIOVANI ALLA VITA DELLA CITTÀ, coinvolgendoli in tutti i consessi in cui si decide o si programma e progetta il futuro della comunità e favorendo esperienze emancipative di vita autonoma e comunitaria.

3. Innovare il sistema didattico ed educativo che significa: 1. supportare le scuole nella transizione verso una “didattica per competenze” di cittadinanza; 2. connettere strutturalmente le scuole agli enti del terzo settore e alla società civile per creare in modo diffuso PATTI EDUCATIVI DI COMUNITÀ e sviluppando servizi educativi territoriali. Aprire le scuole ai territori legandolo allo sviluppo e animazione dei quartieri, dei beni comuni, del mondo del lavoro e dello sviluppo economico e produttivo della città.

 

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